Quando ci si riuniva in piazza la sera per i commenti della giornata che declinava mi avvicinavo al gruppetto con timidezza. Ero molto giovane e avevo preso la prima licenza a sedici anni. Quelli che parlavano erano stati compagni di caccia di mio padre e i loro nomi risuonavano nella mia testa come uno scampanio a festa. Si trattava di Abramo e Dionigi, mastro Francesco e Aurelio, Giuseppe e Luigi Parrotta e tanti altri. Significano avventure passate,episodi di vita felice nei boschi e nelle campagne o atti venatori da mandare a futura memoria per valentia o fresconeria autentica. Sentii di uno che sbagliò con due colpi una facile lepre sul sentiero. L'amico sadico e un tantino perverso lo invitò energicamente a inseguirla e recuperarla assicurandogli che era ferita. L'urlo dei cani l'avrebbe guidato. Che corresse svelto altrimenti l'avrebbero maciullata. Si accorse dello scherzo solo dopo molte dozzine di metri.Si fermò trafelato a riprendere fiato e poi, stizzi
Dio mio fa che il mondo torni indietro al tempo in cui la parola d'un uomo era un valore e l'amicizia anche.Un tempo in cui bastava poco per essere felici e poco per imparare a esserlo.