A chi si illude di cercare beccacce come se facesse altre cacce devo dare una disillusione. Qualunque cane si abbia le regole sono le medesime. Sulla beccaccia occorre: Calma,non correre, battere bene il terreno e avere il cane in mano; aggiungo,solo per eccesso di chiarezza, che l’ausiliario deve essere sempre collegato.
Come mai mi sono accinto a scrivere queste note? Il perché è semplice voglio chiarire alcuni aspetti che molti cacciatori estremizzano, essi sono tutti convergenti verso il desiderio,intenzione di effettuare una specie di “grande cerca” sui terreni da beccacce.
Esordisco dicendo che per me la grande cerca su beccacce non esiste. sarebbe come volere cercare un ago in un pagliaio servendosi di un forcone. Perché dunque alcuni cacciatori pensano di potere fare una grande cerca? Forse perché sono supportati da nuove tecnologie che consentono di avvistare e trovare il cane che si è allontanato da loro? A tutto ciò indotti dalla emergente cinofilia abbinata alle prove di lavoro per i cani da ferma coniugate in molte categorie dalle attitudinali alla grande cerca? Appunto. Molte tipologie di prova più che sufficienti per dare un’idea di cosa si può cacciare con un certo cane che ha quelle possibilità specifiche e su quei terreni idonei dove si effettua la prova.
Ma siamo sicuri che la grande cerca sia veramente foriera di maggiori incontri? Siamo sicuri che i terreni dove si cacciano le beccacce siano idonei per la grande cerca? Siamo sicuri che il cane copra tutto il territorio disponibile senza trascurare il terreno ispezionando tutta la sua configurazione fatta di estreme forme abitative sia di bosco, sia di cespugli, sia molto fitti sia abbastanza larghi da consentire al cane di esplorare minuziosamente e non con un passaggio veloce che potrebbe lasciare indietro terreno e selvatico?
Il mio maestro di cinofilia diceva sempre che un cane che allarga al pulito verrà ristretto dal bosco. Naturale osservazione a cui aggiungo che sarà ristretto ancora più da macchie intricate con vegetazione complicata da spinai,roveti, prugnoli e vegetazione di media/bassa altezza dove il cane non potrà sviluppare tutto il suo naturale movimento.
In quelle condizioni sono convinto che una passata molto veloce e sbrigativa non può rastrellare tutti i capi o la maggior parte di quelli che sono nelle riposte perché ci sono tutti quei fattori di impedimento e molti altri. Quali? L’aria che tira, il vento che si posiziona sul naso o sulla coda del cane a seconda degli andirivieni che lui farà percorrendo da destra a sinistra e rientrando con un buon avanzamento che tenga conto della sua potenza olfattiva. Fra i due tratti infatti devono intercorrere pochi metri poiché se la chiusura del lacet fosse molto aperta e ampia il naso potrebbe dimostrarsi insufficiente.
In buona sostanza quando il cane svolta dovrebbe tenere conto che il terreno che va ad esplorare non deve superare di quel tanto che il suo naso non può controllare altrimenti gli animali resterebbero indietro. In un percorso in campo aperto sarebbe più facile usare questa astuzia ma in un bosco come si può fare? E in una macchia intricata di prugnoli e roveti?
Io non ho detto qui sopra che il cane non deve allargare, ho solo detto che deve farlo con intelligenza e dosando le forze e mezzi di cui è dotato. Ho anche parlato di esplorazione che non trascuri il terreno sottolineando che la cerca, per quanto possibile, deve essere svolta sul fianco del conduttore e con rientri logici e funzionali alle possibilità e capacità del cane.
Detto questo mi pare chiaro che se il cane allunga troppo si troverà fuori mano e costringerà il cacciatore che lo segue a spostarsi dal percorso che si era immaginato di fare. Ecco che rientra in gioco il fattore “collegamento” perché il cacciatore deve tenere l’allineamento in verticale col percorso e aspettare il cane per avanzare e indurre il medesimo a fare lo stesso chiudendo il lacet di cerca e avanzando del giusto. Torno a sottolineare dove sia possibile…. e in molti luoghi da beccacce non lo è.
Chi da ampio margine e molta fiducia al cane che prosegue in verticale o si allarga troppo sui lati resta dunque penalizzato della possibilità di avere incontri ma ,se essi si verificassero, potrebbero essere nella disponibilità di altri cacciatori che si trovano il loco. Alcuni potrebbero rispettare un cane in ferma che non sia il loro altri invece no e si creerebbero molti problemi e forse litigi indesiderati.
Quanto sopra auspicato quindi è una classica impostazione che media fra la possibilità d’incontri, la possibilità di concluderli e la certezza di non avere problemi per gli scambi di terreno con altri cacciatori.
Un altro fattore poi sconsiglia una cerca troppo ampia e veloce e cioè il fatto che la beccaccia è un animale solitario non vive in branco. Appunto, la caccia di quel tipo si attaglia benissimo ad animali imbrancati, gruppi e nidiate che pascolano in brughiera e non all’animale “chiuso” nei suoi nascondigli di alberi e arbusti silvano/boschivi.
Qualcuno penserà che io voglio relegare un bravo cane inglese, che fa il suo classico lavoro, in un terreno buono per un giardino. Mai più. Il cane inglese deve sapere esprimere tutta la sua potenza fisica ed olfattiva ma deve essere presente a se stesso e al suo conduttore rientrando intelligentemente quando si sentirà senza la protezione del fucile.
La caccia col cane è una cosa che si fa in due. Lo deve sapere il suo padrone ma anche lui. Caso contrario si alzeranno al cielo richiami e fischi che allarmeranno il bosco e darebbero fastidio anche ad altri cacciatori in loco.
Meglio dunque essere sicuri di ciò che si deve fare per una corretta pratica di caccia alla beccaccia.
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